Vito Accettura yoga - studi, laboratorio - lodi

SCRIVERE E' TERAPEUTICO

ANALISI SUI BENEFICI DELLA SCRITTURA 

Ogni settimana, come preludio all'esperienza pratica sul tappeto, propongo in classe un passaggio del percorso "Trenta modi per ridurre lo stress al lavoro (e nella vita)". 

Si tratta di una serie di semplici pratiche offerte dal Maestro Zen Thich Nath Hanh per aiutarci ad affrontare le proprie tensioni.

Il quarto punto recita: "Alla fine della giornata tieni un diario, annotando tutte le cose buone che ti sono capitate durante il giorno. Innaffia con regolarità i semi della gioia e della gratitudine perché possano crescere". 

Utilizzare carta e penna per deporre su carta i propri pensieri può semplicemente servire per mettere un po di ordine nella mente e renderla più chiara e ricettiva; allo stesso tempo può avere un risvolto di tipo terapeutico.  

Personalmente utilizzo molto la scrittura (con carta e matita) per annotare le mie riflessioni ed i progetti che poi traduco nell'esperienza in classe. 

Per trattare più approfonditamente questo tema molto interessante ho pensato di avvalermi del supporto esperienziale di una professionista del settore, Alessandra Perotti, riportando qui un suo articolo intitolato: "Scrittura terapeutica: cosa significa e perchè funziona" tratto dal suo sito alessandraperotti.com

"In questi anni si parla molto di scrittura terapeutica e dei benefici che è in grado di apportare. In realtà, non è certo una scoperta recente e prima di poter accostare i due termini senza alcun timore è dovuto passare del tempo. C’era una sorta – e non è del tutto scomparsa – di resistenza ad ammettere che una pratica come il semplice scrivere potesse portare davvero concreti benefici alle persone.

Scrittura terapeutica: possiamo davvero affermarlo? Non ci sono dubbi. La scrittura, attraverso diverse modalità e pratiche, è una grande terapia nel senso che guarisce i blocchi, le paure, ci aiuta ad essere consapevoli di noi stessi. Pensiamo soltanto, per esempio, alla medicina narrativa, è assodato che porti grandi benefici sia al paziente sia a chi se ne prende cura instaurando un rapporto diverso e più proficuo ai fini della guarigione. Il termine terapeutico deriva dal greco – therapeutikós – e significa che ha a che fare con la terapia, con la cura. La cura di noi stessi, intesa proprio come porre attenzione ai nostri disagi – può avvenire attraverso numerose strade che possono affiancare – e mai sostituire – le terapie mediche consigliate. Penso comunque che la scrittura terapeutica sia praticabile da tutti, al di là di ogni manifestazione di disagio mentale o fisico come pratica di conoscenza di noi stessi.

La scrittura come terapia

Ci sono una serie di attività a cui l’uomo si dedica che non possono certo essere equiparate alle terapie mediche ma che hanno un grande valore perché è ormai dimostrato che apportano benessere, agiscono sullo stato d’animo, permettono di superare blocchi e difficoltà. Qui non stiamo parlando della scrittura creativa utile ai romanzieri (anche se pure questa tipologia di scrittura può essere terapeutica) ma di quella scrittura che diventa via di consapevolezza di sé, non solo, ma permette di portare a galla quei pesi indicibili che spesso ci teniamo dentro. A dire il vero, per essere onesti, ogni tipo di scrittura creativa porta chi scrive ad una serie di riflessioni che impattano sulla consapevolezza di sé e della vita che si sta vivendo; certo, è necessario essere attenti e cogliere ogni segnale. Prestare attenzione alle parole e al sentire.

I principali benefici della scrittura terapeutica

I benefici sono davvero tanti ma possiamo citarne alcuni, i principali: costa meno di una seduta dall’analista. Intendiamoci non sostituisce l’analista ma – a parte che molti psicologi e psichiatri utilizzano ogni giorno la scrittura con i loro pazienti – può supportare una terapia in atto, può essere una fase iniziale; a volte, come in molti casi pratici che ho potuto verificare, è persino risolutiva nei casi in cui abbiamo bisogno di portare chiarezza, di comprendere, di confessarci.
Ha un effetto davvero di “rinascita” proprio perché portiamo sempre più consapevolezza nella nostra vita.
Ci permette di arrivare in profondità, è una delle vie attraverso cui raggiungiamo la nostra memoria involontaria, il nostro inconscio. Scrive lo psichiatra Nicolò Terminio nel suo libro “Tradurre dal silenzio“: “L’inconscio contiene quelle ragioni che a nostra insaputa orientano la nostra vita, le nostre relazioni e le nostre ripetizioni”. La scrittura diventa terapeutica perché ci porta proprio in questa dimensione inconscia aprendo porte e lasciandoci guardare oltre.
Possiamo praticarla tutti senza particolari abilità legate alla lingua, alla conoscenza della grammatica.
Semplicità dei supporti e degli strumenti: qualcuno mi chiede quali supporti utilizzare per praticarla. Non richiede mezzi o organizzazioni particolari, carta e penna, un luogo tranquillo (ma a volte anche affollato) va bene quando sentiamo il bisogno di scrivere, di esprimerci.
Come detto consiglio sempre la scrittura a mano poi si può passare al pc per raccogliere i testi scritti e salvarli. Se no basta un’agenda, un quaderno, un diario, quello che vi piace. La carta è silenziosa, accogliente, discreta: accoglierà le vostre confessioni come un’amica fedele e le custodirà. Insieme alla penna che scorre si prenderà cura dei vostri pensieri, magari anche delle lacrime ma vi sarà supporto incredibile per alleviare dolore e paura. Oltre a quelli appena citati possiamo vedere anche altri aspetti in cui emerge chiaro il ruolo della scrittura terapeutica.

Scrivere fa bene

La scrittura terapeutica fa bene alla salute perché scrivendo (e prima ancora parlando quindi esprimendo) ciò che ci turba, ci limita, ci ferisce noi superiamo l’inibizione riacquistando la leggerezza, la liberazione da un peso. Nel momento in cui troviamo la parola per esprimere una trama, un dolore, un disagio qualcosa cambia. Quest’azione di nominare incide sul sentire e di conseguenza sul nostro benessere anche fisico. Nessuno oggi negherebbe più quanto le nostre emozioni incidano sulla salute del corpo. Se non l’avete mai letto vi consiglio un testo molto interessate che passa in rassegna proprio le emozioni umane e le loro esplicazioni nella realtà, L’atlante delle emozioni umane di Tiffany Watt Smith. Tra l’altro, questo testo è molto interessante perché ci permette di conoscere anche emozioni di cui non abbiamo mai sentito parlare, tipiche di una certa epoca o di una determinata popolazione.

Esprimere le emozioni: un esercizio di scrittura

Quando, per esempio, l’emozione è troppo forte e non si riesce a narrarsi consiglio di creare un personaggio che interpreti la nostra parte. Sì, una sorta di alter ego letterario. Ricordo un ragazzo di un gruppo che seguivo (con gravi problemi e storie di vita per nulla semplici) che si raccontava attraverso l’immagine di un treno. Le vicende della locomotiva rappresentavano la sua esistenza e quello che lui avrebbe voluto essere quando raccontava di una corsa libera su rotaie lucente attraverso verdi valli di montagna. Costruitevi con cura un personaggio che vi rappresenti come se dovesse recitare la vostra parte in una rappresentazione teatrale o in un film. Sentitevi liberi di dare a questo personaggio le caratteristiche che ritenete, magari anche aspetti che non sentite vostri ma che avrete voluto avere. E poi narrate la sua storia, i disagi, ciò che ha vissuto. Perché è utile? Perché questa trasposizione letteraria ci permette di non sentirci troppo al centro dell’attenzione di noi stessi; non solo, allevia il dolore perché è come se lo caricassimo sulle spalle di un’altra persona, come se non ci appartenesse più del tutto e questi, credetemi, è già un beneficio.

Il peso dei segreti sul sistema immunitario

Ci sono persone che da tanti anni trattengono un segreto che riguarda loro stesse o anche altre persone. Questo atto non è senza conseguenze e incide sul nostro sistema immunitario. Sì, avete capito bene: l’inibizione è un peso massimo del disagio.
I segreti pesano e tanto. Tutto quello che non è espresso resta nel nostro inconscio e lo condiziona. Come insegna Pennebaker nel suo libro “Il potere della scrittura” mantenere un segreto genera una sorta di stress che agisce sulla salute, in particolare sul sistema immunitario ed interferisce anche con il nostro sistema nervoso. Ansia e stress si riducono quando confessiamo un segreto anche soltanto a parole, ancora di più quando scriviamo e lo possiamo leggere esterno a noi, rivelato. Parlare, confessare hanno un effetto liberatorio incredibile. Del resto, la psicologia e la psicanalisi ci insegnano come l’inibizione comprimere la nostra mente e di conseguenza il nostro corpo generando una lunga serie di disturbi psicosomatici ma anche patologie molto più gravi. Come scrive lo stesso Pennebaker in un altro testo – Scrivi cosa ti dice il cuore – “La non rivelazione dei nostri pensieri e sentimenti può essere nociva per la salute. La loro espressione può essere invece salutare”.

I benefici della confessione

La scrittura terapeutica riveste un ruolo molto importante e curativo e in modo particolare nella fase iniziale del trattamento del trauma o del disagio. Jamie Pennebaker, per un certo periodo con Josh Smyth, ha dedicato anni di studi a questo aspetto della scrittura proprio nell’ottica di alleviare traumi e disagi, di portarli alla luce, di permettere alle persone di riprendere a vivere. I conflitti psicologici sfociano spesso nella malattia: asma, congestione, affanno, lievi forme di depressione sono legati a disagi mentali ed emozionali. Gli studi di Harold Wolff – pioniere nel campo della medicina psicosomatica – a metà del XX secolo furono dedicati al legame tra il conflitto psicologico e la salute.
Se ci sono segreti che non abbiamo mai rivelato ma siamo stanchi di portarli dentro di noi, che cosa possiamo fare se sentiamo che rivelarli potrebbe avere effetti dirompenti? Scriviamo: è la prima cosa importante per noi che possiamo fare. Poi decideremo che cosa fare dei nostri scritti. In molti casi vengono eliminati, distrutti perché hanno già assolto la funzione di accogliere la confessione, lo sfogo. A volte si ha invece l’esigenza di lasciare testimonianza di fatti e verità e rivelazioni che tratteniamo da troppo tempo dentro di noi. L’aspetto liberatorio della confessione – anche e soprattutto della confessione scritta – è palpabile e porta immediato sollievo nella vita delle persone. Ecco perché come primo consiglio a chi mi manifesta un disagio, dico sempre: inizia a scrivere di quello che senti, confessa il peso che ti porti dentro e poi proseguiremo nel percorso.

La scrittura terapeutica come abitudine quotidiana

In momenti di confusione, di dolore, di difficoltà ma anche quando abbiamo esigenza di stare con noi stessi e conoscerci meglio dovremmo ricorrere alla scrittura terapeutica. Prendiamo l’abitudine di dedicare a questa scrittura terapeutica anche solo una decina di minuti al giorno. Può essere collocata al mattino, al risveglio: registriamo il sentire e descriviamo anche come intendiamo approcciarci alla giornata che ci attende, come agiremo in alcune situazioni, scegliamo delle parole che ci accompagneranno durante il giorno. A me piace scegliere una parola che diventi il fulcro di ogni cosa, la parola del giorno: per esempio, se un giorno scelgo (e vi confesso che la scelgo spesso perché è una parola che amo) la parola “leggerezza” cercherò di riportare a quella parola ciò che accade, o meglio, di affrontare gli accadimenti guidata da questo termine. Spesso la scelta della parola si è rivelata profetica e salvifica. Provate.


Oppure possiamo dedicare alla scrittura dieci minuti serali, prima di dormire. Per fare un bilancio del giorno trascorso e porre le basi per quello che verrà.
Magari all’inizio possiamo sentirci bloccati, inespressivi ma durerà poco. Iniziate a scrivere quello che vi passa per la testa, servirà ad attivare il cervello, la zona creativa. Questo tra l’altro è un metodo che consiglio anche agli scrittori quando lamentano di non avere ispirazione.
Chiudete gli occhi per qualche istante e percepite il vostro corpo, come vi sentite, se avete caldo o freddo, se c’è qualche punto dolorante. Attenzione a non cadere in trappole come “ma io non so scrivere”, “non conosco bene la grammatica”, “ho una brutta calligrafia”. E poi lasciatevi andare scrivendo quello che sentite.
Non state scrivendo per dare il vostro testo alle stampe. Lo state facendo per voi stessi, per il vostro benessere. Se scrivere invece è troppo gravoso iniziate con il parlarne, se non potete farlo con qualcuno fatelo con voi stessi: raccontate a voce quello che ancora non può trovare forma scritta. In genere il passaggio dall’orale allo scritto avviene con meno difficoltà. Scrivendo superiamo l’inibizione e ciò che ci blocca. Iniziamo a vedere con più lucidità la nostra vita. In qualche modo ne prendiamo le distanze per un certo tempo e riusciamo a comprendere tutto con chiarezza.

Scrittura arte terapeutica di supporto

La scrittura come arte terapeutica si configura una vera e propria pratica di supporto, come abbiamo detto, in relazione alle diverse cure mediche che vengono prescritte. Non è mai sostitutiva. Pennebaker aveva dimostrato, per esempio, come la scrittura avesse un beneficio sulle depressioni lievi ma non su quelle gravi. Molti psicologi e analisti si avvalgono con i loro pazienti della scrittura. Di certo quando la persona fatica ad esprimersi, a parlare perché è difficile raccontare un trauma, un disagio. La scrittura diventa supporto e aiuto.
Sono ormai riconosciuti i grandi benefici delle terapie naturali. Pensiamo agli effetti positivi della Pet therapy (terapia “dolce”, basata sull’interazione uomo-animale) soprattutto sui bambini; oppure alla Laughter therapy che si basa sugli effetti che la risata incondizionata ha sul nostro organismo e questi sono stati provati e registrati anche dalla medicina convenzionale. Ma potremmo fare un lungo elenco. La musica, per esempio o l’arte del disegno e della pittura. Certo, la scrittura attraverso la parola che esprime il pensiero profondo ha il potere di arrivare davvero dentro di noi.
Penso sempre che la misura di ogni cosa sia il bene che le persone ne ricavano. Dalla scrittura, in particolare dalla narrazione di sé, ho visto arrivare tanti benefici che ora mi sento di doverlo raccontare, di invitare le persone a dedicarsi a quest’attività per il beneficio che possono trarre. La scrittura è una vera e propria arte terapeutica che in molti casi diventa un valido e incredibile supporto come mostrano la psicologia e la psicanalisi. Ma è sempre un aiuto per ciascuno di noi, in ogni momento della nostra vita. Diventa un rifugio nella confusione, un approdo ma anche una fonte di energia e consapevolezza.

Come si pratica la scrittura terapeutica

Come si pratica la scrittura terapeutica in concreto? Ci sono delle tecniche e delle modalità che ci possono venire in aiuto? Di tecniche ne parla come ho detto in modo scientifico Pennebaker parlando di scrittura espressiva. Teneva numerosi laboratori spesso nelle università e raccoglieva dati che poi analizzava con l’aiuto e il supporto di medici e scienziati. Dopo i primi esperimenti – come racconta nel libro citato Il potere della scrittura – iniziò la collaborazione con la dottoressa Kiecolt-Glaser e il marito di lei, un immunologo; entrambi lavoravano nella Ohio State University College of Medicine. Non è questa la sede in cui raccontare tutto l’iter degli esperimenti ma una cosa fu ed è chiara: le persone che avevano scritto e descritto in dettaglio e in profondità i traumi, i disagi, i dolori presentavano un miglioramento della funzione immunitaria. Le tecniche che Pennebak utilizzava erano soprattutto quelle di dare sollecitazioni di scrittura riguardo ai traumi che le persone avevano vissuto.

Esercizi di scrittura terapeutica

A volte vorremmo praticare questo tipo di scrittura ma non sappiamo da dove partire. Ecco perché ho scritto una guida dal titolo “Esercizi di scrittura terapeutica per ritrovare benessere“. Qui ho raccolto alcune esercitazioni di scrittura che possono costituire la giusta modalità per iniziare a sperimentare questa pratica. Troverai esercizi come quello dell’osservazione del pensiero o l’esercizio per analizzare ostacoli e fallimenti e porre le basi di una ripartenza e di un’analisi. Ho anche inserito quali siano gli step utili per iniziare a scrivere, sì perché ci sono anche accorgimenti che ci possono aiutare a creare la giusta atmosfera. Si tratta di un vero e proprio vademecum che puoi tenere con te per avere sempre ben chiaro come procedere.

Scrittura libera

Anche Pennebaker sapeva che la prima modalità è quella di scrivere in libertà. Per questo diciamo che un primo livello di scrittura terapeutica può essere pratica raccontando a se stessi – in un diario, in una lettera – come stiamo, che cosa percepiamo e perché crediamo di sentirci in un certo modo. Il suggerimento è quello di scrivere tra i dieci e i venti minuti senza fermarsi, entrare nel flusso della mente che trova una via d’uscita e permetterle di esprimersi senza gravarla di preoccupazioni come la grammatica o il che cosa mai potremmo scrivere. Non entrate con il pesante filtro della ragione. Si tratta di una scrittura vostra, intima, potete essere autentici, onesti, sinceri.

Raccogliere i ricordi

Scrittura terapeutica è anche l’analisi del vissuto, la scrittura autobiografica. Lo sperimento con molte persone che seguo proprio nel percorso autobiografico.
Iniziate da soli: a raccogliere i ricordi, a tenere un diario, a ridisegnare la mappa della nostra vita, a fare un passo indietro per rivedere il film che ci vede protagonisti. Tutto questo ci prepara il terreno. Per esempio, è utilissimo il lavoro di recupero delle fotografie andando a vedere in quali situazioni eravamo, con chi, che momento stavamo vivendo, se siamo in posa oppure naturali; e se non ci siamo noi nelle foto chi c’è e se per noi quella persona, quel gruppo, quel luogo sono stati importanti. Anche i luoghi hanno un loro ruolo: i luoghi in cui abbiamo abitato, quelli del cuore, altri che ci ricordano momenti di dolori, posti di passaggio che però ci sono rimasti dentro. Ti sembra poco tutto questo?

Il podcast della scrittura autobiografica

Se vuoi approfondire questo aspetto della scrittura autobiografica terapeutica t’invito ad ascoltare il podcast che ho pubblicato sul Spreaker dedicato a questa tematica. Seguendo i diversi episodi si delinea un vero e proprio percorso che puoi seguire.

La scrittura del problema

Altra scrittura molto utile è quella che possiamo praticare nel caso di problemi da affrontare. 
Inizia con la tecnica dei dieci minuti di scrittura senza fermarti per descrivere il problema che ti ritrovi davanti.
Identifica gli ostacoli principali e analizzali uno per uno dedicando ancora dieci minuti per punto, per problema.
Poi scrivi che cosa pensi davvero di questi problemi e identifica le possibili soluzioni.
Può essere che la soluzione, l’intuizione emerga subito ma non disperare perché qui s’innesca in genere il processo di pensiero che ti porterà ad individuare la soluzione.

La cosa che mi lascia sempre piena di stupore e alla quale non mi abituo è vedere come questo lavoro sia in grado di dare alle persone una visione più chiara del loro percorso, di fare pace con il passato e di andare con rinnovata fiducia e determinazione verso il futuro (aggiunta del traduttore: "scrivendo nel presente").
Voglio ricordare le parole di Duccio Demetrio di cui vi consiglio di leggere "Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé", fondatore con Saverio Tutino dell’Università dell’Autobiografia di Anghiari: “Crediamo e ne abbiamo ormai le prove, da quasi vent’anni, che la scrittura sia uno strumento anche di cura, uno strumento terapeutico”.

Ringrazio vivamente l'autrice di questo bellissimo articolo, Alessandra Perotti, che ne ha gentilmente autorizzato l'utilizzo sul sito del Laboratorio Cultura Yoga. 

Concludo con l'invito ad una riflessione sul tema o, meglio ancora, annotare con carta e penna le proprie considerazioni sul come rendere la scrittura uno strumento quotidiano prezioso per una vita più armonica. 

Vito Accettura
 

 

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Insegnamento dello Yoga, attività professionale disciplinata ai sensi della Legge 14/01/2013 n.4 (G.U. n.22 del 26/01/2013)